“Un’immagine plastica della decadenza che il nostro paese rischia di vivere”: Daniele descrive così l’esperienza che ha avuto conversando con militanti in un gazebo della Lega per la raccolta di firme contro il divieto europeo del 2035 sulle auto a benzina e diesel. Invia domande e messaggi a info@vaielettrico.it.
Una mattina di primavera tranquilla e soleggiata (forse a metà marzo), Daniele stava guidando verso un paese vicino al suo quando ha notato un gazebo nella piazza del suo paese, tenuto da un partito politico noto attualmente al governo. Sul gazebo c’era un manifesto che invitava alla raccolta di firme per dire no allo stop della produzione di auto a benzina e diesel dal 2035 in Europa. Tornato dalle commissioni, ha deciso di fermarsi al gazebo per capire meglio di cosa si trattasse e per scambiare opinioni. Al gazebo ha trovato un anziano signore seduto su una sedia, una giovane ragazza di circa 25-28 anni e tre uomini di 40-50 anni. Gli è stato subito chiesto di firmare qualcosa e gli hanno prontamente dato un foglio con delle firme. Prima di firmare, ha chiesto: “Scusatemi, ma di cosa si tratta esattamente?”. Gli è stato spiegato uno scenario catastrofico per l’industria italiana nel caso in cui il progetto europeo di stop alla produzione e vendita di auto a benzina e diesel dal 2035 andasse avanti. “Ci stanno imponendo di passare all’elettrico, ma ci sarebbe l’opzione dell’idrogeno”, gli è stato risposto, “vogliono fermare i motori termici e ciò comporterebbe decine di migliaia di disoccupati in Italia. La nostra industria automobilistica e tutto ciò che ne deriva sarebbe penalizzata. Ci stanno obbligando a passare all’elettrico quando ci sono soluzioni migliori come l’idrogeno”. Daniele ha risposto chiedendo: “Quali auto a idrogeno sono disponibili? Dove si possono trovare i distributori? E quali costi hanno? Al contrario, sembra che ci siano alcune auto elettriche in vendita e che ci sia corrente elettrica ovunque, se non sbaglio”. È iniziato il solito discorso sul fatto che l’Italia importa energia elettrica dalla Francia, che la produce con il nucleare, e che l’Italia non ha abbastanza energia per alimentare tutte le auto se diventassero tutte elettriche da un giorno all’altro. “In realtà”, ha risposto Daniele, “gli studi condotti da Terna, che sta investendo molto per potenziare il sistema elettrico del nostro paese, sono molto incoraggianti riguardo alla capacità della rete elettrica di far fronte a questa transizione”. E le energie rinnovabili? “Rappresentano solo l’1-2%”. “Cosa è Terna?” A quel punto, c’è stato un silenzio imbarazzante, sguardi che si sono incrociati e la ragazza ha balbettato “Cioè… che cosa è Terna?”. Daniele ha spiegato brevemente cosa fosse Terna, ma sembrava che loro non ne avessero mai sentito parlare. Poi, gli è stata posta una domanda: “Ma da dove prendiamo l’energia elettrica?”. È iniziata la mia domanda diretta: “Mi immagino che sappiate qual è la percentuale di energia prodotta da fonti rinnovabili nel nostro paese”. In coro, hanno risposto: “Sarà l’1-2%”. Daniele ha replicato: “Guardate, in realtà la percentuale è di circa il 35%”. A questo punto, ha iniziato a spiegare che prima di organizzare una raccolta firme su un determinato argomento, sarebbe meglio informarsi, ci sono molti studi disponibili online condotti da università e organizzazioni indipendenti sul tema in questione. Il rischio è di fare una brutta figura, per usare un eufemismo. La ragazza ha continuato dicendo: “Ma le auto elettriche devono essere ricaricate”. “Come?” ha chiesto Daniele, “devono farselo da sole senza bisogno di ricarica…”. Di colpo, è calato il silenzio, nonostante la giornata soleggiata e calda. “Stiamo parlando del moto perpetuo?” ha chiesto Daniele. L’imbarazzo era sempre più palpabile, poi dopo attimi di imbarazzante silenzio, uno dei tre uomini ha guardato l’orologio, ha detto che era tardi e hanno iniziato a scappare via. “Ok, grazie per la conversazione” ha detto Daniele, ringraziando e andandosene. In conclusione, queste sono le persone che ci governano e purtroppo saperlo non aiuta a essere fiduciosi nel futuro. Che sfortuna”.