Auto elettriche provenienti dalla Cina sono al centro di un’indagine. Durante uno dei discorsi dell’Unione europea, i deputati del Parlamento europeo hanno sollevato il dibattito riguardo a possibili pratiche sleali di concorrenza da parte dei marchi automobilistici cinesi che stanno conquistando il mercato occidentale. La Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sembra intenzionata a rafforzare le regole del mercato tra Oriente e Occidente. Questa dichiarazione, nell’ambito del Green Deal, evidenzia la minaccia rappresentata dalle auto elettriche cinesi.
È stata avviata un’indagine per analizzare la situazione e regolare di conseguenza gli incentivi forniti dai paesi membri. Non è un segreto che l’industria dei veicoli elettrici necessiti ancora di sostegno statale per diffondersi e gli Stati Uniti hanno già intrapreso un percorso similar per promuovere la produzione locale con incentivi. Inoltre, è stata raggiunta una sorta di accordo tra la politica e Elon Musk, dopo anni in cui sembrava che solo i piccoli successi delle EV di Ford e GM interessassero al governo, trascurando i più significativi risultati di Musk.
L’obiettivo non è attaccare tutte le auto elettriche, ma rispondere alle esigenze di non dipendere troppo da un singolo paese, la Cina, che detiene oggi una posizione dominante nelle materie prime e nella produzione di auto a batteria. L’Europa ha già intrapreso una strategia per mantenere il maggior numero possibile di materiali all’interno dei propri confini attraverso il riciclaggio delle batterie.
La Cina ha costretto anche Tesla a competere sul mercato, riducendo i prezzi per contrastare i marchi emergenti, alcuni con grande esperienza nel settore delle batterie, come ad esempio BYD.
Mentre si attendono ulteriori sviluppi, il discorso di von der Leyen conferma l’obiettivo dell’Europa di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, senza tuttavia chiudere la porta ai marchi cinesi. Sarà necessario procedere con cautela, considerando la possibilità di creare eventuali barriere all’ingresso e adottare una strategia di riduzione dei rischi legati alla dipendenza da un singolo paese, come la Cina, anziché scollegare completamente l’economia e il mercato europeo da quello cinese.