Se il mondo delle auto elettriche è una novità assoluta, allora è probabile che la scoperta della differenza tra la capacità lorda e netta delle batterie degli EV vi abbia lasciati sorpresi. Cosa significa questo e perché non è possibile utilizzare completamente la batteria pagata a caro prezzo?
Un esempio tangibile è rappresentato dalla Ford Mustang Mach-E Standard Range, anche se questa caratteristica vale praticamente per tutte le auto elettriche attualmente in commercio. Questa vettura monta una batteria con una capacità lorda di 75,7 kWh, ma la capacità netta (quella utilizzabile) è di soli 68 kWh. Ci sono ben 7,7 kWh che sembrano spariti nel nulla: dove sono finiti e a cosa servono?
In realtà, questa energia “mancante” costituisce quello che tecnicamente viene definito buffer, una sorta di riserva nascosta che i produttori mantengono per preservare al meglio la batteria e permettere al sistema di gestione della vettura di regolare i cicli di carica e scarica in modo ottimale, senza richiedere particolari calcoli agli utenti.
Ad esempio, caricare una batteria al 100% e lasciarla ferma per diversi giorni potrebbe danneggiarla a causa della corrosione delle celle. Per gestire questo problema, il buffer tiene al sicuro le celle, pur permettendo di visualizzare una carica al 100% sullo schermo. La grandezza del buffer dipende dal modello e dalla tipologia di batteria, ma il suo scopo è principalmente quello di allungare la vita della batteria e compensare il naturale degrado che avviene nel tempo.
Inoltre, parte del buffer viene utilizzata in situazioni di emergenza, quando l’auto indica una carica al 0% ma può in realtà percorrere ancora diversi chilometri. Questa riserva funge da “salvataggio” in attesa di trovare una stazione di ricarica.
In definitiva, il buffer delle batterie degli EV rappresenta una risorsa preziosa che agisce in sordina, contribuendo a preservare la vita della batteria e offrendo una sorta di “riserva” in situazioni di emergenza. Tutto ciò, ovviamente, riguarda le tecnologie attualmente disponibili, ma la speranza è che la ricerca possa portare a batterie che subiscano meno degrado nel tempo. A Harvard, ad esempio, è stata creata una batteria che conserva ancora l’80% della capacità originale dopo 6.000 cicli di ricarica, rappresentando un vero record al momento attuale.